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SOFOCLE | xi |
Il contrasto, uniformandosi o proporzionandosi alla legge di formazione plastica che governa tutte le forme dell arte greca, si compone presto una sua forma precisa, che tende a divenir canonica, incomincia con battute di pochi versi, o di un verso per ciascuno dei personaggi — quasi una presa di ferro; poi, si sviluppa in due o piú lunghi discorsi in contradittorio, e, infine, si conchiude con un fitto urto di verso contro verso (sticomitia).
E la forma classica assume anche nuovi sviluppi. Oltre ai contrasti da persona a persona, troviamo anche schemi piú complicati, con raddoppi da una parte o dall altra; e piú specialmente caratteristiche certe forme in cui, dietro al contrasto principale, diciamo fra A e B, si sviluppano contrasti secondari. Ossia, una parte collegata con A contro B, si trova a sua volta in dissidio con A. Nell'«Aiace», Menelao, Ulisse ed Agamènnone sono uniti contro Aiace e contro Teucro. Ma, all’ultimo momento, Ulisse prende le difese di Teucro contro i propri amici. Nell «Antigone», cozzano Creonte ed Antigone. Ma poi, Creonte contrasta a sua volta col proprio figlio Emone, e Antigone lotta fieramente con la sorella Ismene. Nel «Filottete», Ulisse e Neottolemo sono collegati contro il povero derelitto. Ma, alla fine, Neottolemo si ribella ad Ulisse, e fra i due si accende un violentissimo alterco.
E cosí è dappertutto e ad ogni momento. Da ogni punto delle azioni di Sofocle pullula un contrasto. Questo è il cardine, questa è la scoperta della drammaturgia di Sofocle.
A questo punto potrà balenare l’obiezione che, in fondo, contrasti esistono anche in Eschilo. In realtà, contrasti esistono dovunque esistano eventi umani: e però la materia mitica presentava contrasti, che, naturalmente, tornano anche nei drammi di Eschilo. Però Eschilo non si ferma di preferenza su quelli, non li sfrutta, par quasi che talora li sfugga.