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ANDROMACA 83

pieni d’oro del Dio, dove i tesori
han deposti i devoti, e viene qui
per la seconda volta, a fare quello
che la prima tentò, mettere a sacco
di Febo il tempio?». Ed ecco in Delfi spargersi
un sinistro susurro. E i magistrati,
riuniti in consiglio, ed i preposti
ai tesori del Dio, posero guardie
alle porte del tempio. E noi, che nulla
sapevamo di ciò, raccolte greggi
dal frondoso Parnasso, insiem con gli ospiti
e gli àuguri di Pito, all’are andammo.
Ed uno disse: «O giovine, che grazia
per te dal Nume imploreremo? Quale
ragion t’addusse?». Ed ei rispose: «A Febo
pagare il fio d’un fallo antico io voglio:
ch’io già gli chiesi che ragion mi desse
del sangue di mio padre». E maggior credito
quindi d’Oreste la calunnia prese,
che il signor mio mentisse, e che per compiere
ribalderie venuto fosse. E quello
varcò la soglia, entrò nel santuario,
per supplicare Febo innanzi all’ara,
ed era inteso ai sacrifici. Ed ecco,
su lui, dall’ombre d’un laureto, piomba
un drappello d’armati: istigatore
di Clitemnestra il figlio era di tutti.
Al cospetto di tutti il Nume ei prega;
e quelli, strette in man le spade aguzze,
d’Achille il figlio a tradimento pungono.
Un balzo indietro ei fa, la spada sfodera,
e dal pilastro l’armi, ove ai piòli
erano appese, afferra, e sopra l’ara,