Sopra i miei servi deve Neottolemo
aver potere, e sopra i suoi mia figlia
ed io stesso: non c’è fra quanti sono
amici veri, bene alcun, che proprio
d’un solo sia: sono comuni i beni.
Se quanto meglio io so non sistemassi
gli affari miei, per aspettar gli assenti,
sciocco sarei, non delicato. Or via,
lascia gli altari della Diva. Ché
se muori tu, salvi da morte il pargolo;
ma se morir non vuoi, l’ucciderò.
O l’uno o l’altro ha da lasciar la vita.
andromaca
Ahi, che sorteggio amaro! E su che vite
mi proponi la scelta! E sia che vivere
o non vivere elegga, un’infelice
sempre sarò. Ma tu che a tanto scempio
per sí lieve cagion t’appresti, ascoltami:
perché m’uccidi? per qual colpa? quale
città tradii? qual dei tuoi figli uccisi?
quale casa bruciai? Col mio padrone
costretta giacqui: e me per questo uccidi,
e non lui, che di tutto ebbe la colpa,
anzi la causa assolvi, e sull’effetto
che sol da quella derivò, t’avventi?
Ahimè, sciagura mia, misera patria
mia, che orrori patisco! A che dovevo
partorire di nuovo, e questo cruccio
sovrapporre all’antico, e farlo duplice?
Ma perché questo mal gemo, e non lagrime,
e non rifletto agli altri che m’opprimono?