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IL CICLOPE 233


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Vecchio, non c’è da spaventarsi: sembrano
muoversi tulle e favellar, le statue
di Dèdalo. Eh, quell’uomo era un portento.


Qualcuno narrava poi le prodezze compiute da Alcide contro i mostri infernali; e, tra l’altro, con che sistema aveva trionfato dell’Idra, recidendone le molteplici teste:

373

Lungi col ferro della negra spada
le tenea, le falciava al par di spighe.


Naturalmente, in sede di dramma satiresco, l’eroe non si trovava solo. Gli stavano a fianco, o fossero partiti con lui dalla terra, o li trovasse nell’Ade, i petulanti satirelli, e il loro degno maestro, Sileno. E questi, al solito, passava qualche guaio. I mostri d’Averno, probabilmente, gli pestavano il grugno. E i poco caritatevoli figliuoli gli offrivano la solita consolazione di canzonature:

374

Che lividi t’han fatto, eh, sotto gli occhi!
Una coppa hai da metterci, un setaccio1.


Accanto alle buffonate, non mancava qualche spunto serio. Ercole, come si sa, era figlio spurio: putativo di Anfi-

  1. Forse come ventose. O forse come ripari; anche negli Uccelli d’Aristofane (361) si consiglia una simile arma difensiva.