Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
216 | EURIPIDE |
spingendo, o voi, di Tíndaro
figli9, che in ciel, dei fulgidi
astri sottessi i turbini,
dimora avete, a salvazione d’Elena!
Venite, sopra i glauchi
marosi e i flutti ceruli
del mar, che bianchi spumano,
brezze impetrate prospere
pei nocchieri, da Giove; e lungi il biasimo
delle nozze barbariche
tenete dalla vostra consanguinea.
La gara fu dell’emule
Dive, su l’Ida; ed Elena
scontò la pena; e mai non giunse ad Ilio,
né alle torri d’Apòlline.