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allora possiamo abbandonare ogni esitazione. Che Ermione, un temperamento cosí poco lirico, in un tale eccesso di paurosa disperazione, foggi immagini tanto sottili e pittoresche, è falso, falso senza riparo. E qui sentiamo tutta la giustezza e tutto il valore di certe parodie e di certe critiche aristofanesche.

Si risponde che la musica velava, mascherava un po’ — o molto — la falsità. Senza dubbio: per lo meno possiamo supporlo; ma questa mascheratura non sana l'intimo vizio. In realtà, troviamo qui, già trionfante, la intollerabile falsità melodrammatica, che tanto male ha recato e reca tuttora alle arti musicale e drammatica.

E tanto questo uso della musica, quanto il colorito erotico romanzesco, sono, mi pare, indici cronologici che consentono assai sicuramente di collocare l’Andromaca verso l'ultima fase dell’attività del poeta.

Il Christ sostiene invece che l’accanimento contro la malafede e lo spirito di raggiro degli Spartani ci richiamano ai primi tempi della guerra del Peloponneso. Ma contro questa opinione sembrano decisive, in linea obiettiva, le parole dello scoliaste al verso 445: «Gli Spartani violarono la pace con gli Ateniesi, come scrive Filocoro». Questa pace non potrà essere che la pace di Nicia. La condotta degli Spartani dopo quella pace, e massime l’alleanza con Tebe (420), non possono essere considerate, anche da giudici come noi, tanto remoti di tempo e d’interesse, se non come veri e proprii tradimenti. E l’atmosfera che si creò allora in Atene dové esser proprio quella che si respira nell’Andromaca.

La cui composizione cadrebbe dunque dopo il 420. Ma i caratteri intimi, che abbiamo già rilevati, farebbero pensare ad una data anche piú bassa. E motivi a rinnovamenti d'odio