Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
10 | EURIPIDE |
E, naturalmente, i Numi non sono trattati con maggior riguardo degli eroi. Le tre Dèe si presentano a Paride rissando l’una con l’altra, come lavandaie (287), mettendo a confronto le reciproche qualità (παραβαλλόμεναι) con profluvii di parole vituperose (ὑπερβολαῖς λόγων δυσφρόνων).
E quando appare Tetide a consolare Peleo, questi osserva:
Ora, non deve, chi ben sa, figliuole
di nobili sposare, e dare a nobili
le proprie, e non bramar mogli volgari,
anche se in casa ricca dote portino?
Son queste le ultime parole del dramma. E certo il vecchio Eschilo avrebbe inorridito udendo che si traeva una morale cosí utilitaria e terra terra dal sacro dramma di Diòniso.
⁂
Ed anche le altre qualità essenziali della maniera euripidea appaiono affermate nell’Andromaca.
Il patetico, che qui tocca il suo vertice nella scena del bambinetto Molosso, che si gitta ai piedi dello spietato Menelao, e nell’altra, che preannunzia il gran finale de Le Baccanti, nella quale il vecchio nonno Peleo piange sul morto Neottolemo.
E lo spettacoloso. Quando appare Tetide, il coro esclama:
Che s’agita mai? Di qual Nume
sento io la presenza? Fanciulle,
guardate, mirate: solcando
dell’etra il fulgore,
un dèmone scende sui campi
di Ftia.