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il resto dell’azione, che si svolge liberamente, nella luce comune.

Nell’Elena, invece, è mantenuta dal principio alla fine questa singolare atmosfera lirico-musicale, mirabile ed irreale, nella quale l’inverosimile ha maggior diritto — o pieno diritto — di cittadinanza.

Onde in essa riescono a prendere forma piú definita e rilievo le figure evanescenti della favola paradossale. Un po come avviene delle meduse, che fuori dell’acqua sono masse informe gelatinose, e immerse nell’acqua acquistano forma, movimento e mirabili iridescenze. Ecco perché, ad onta dei difetti, ovvî al piú modesto acume critico, il dramma si legge con interesse e, insomma, diletta. Non per nulla Wieland se ne innamorò al punto da scriverne una imitazione.

E per questo singolare amalgama, l’Elena rimane isolata ed unica nel teatro d’Euripide.

Ed è insieme il primo esempio di dramma fiabesco; nel quale i personaggi sono fantasmi, e la loro anima si confonde e si identifica con l’anima del ritmo e della melodia. Le loro passioni, anche se dichiarate veementi, le vicende da cui sono travolti, anche se tragiche ed orride, non ci commuovono a fondo, perché sappiamo che tutto finirà in cabalette. Ma non è detto che quelle figure, che, tolte dalla loro sfera, non ci interesserebbero o ci annoierebbero, non possano invece, immerse nella loro luce, darci qualche diletto. Come per esempio, le luminose ombre della lanterna magica.

La data dell’Elena è ritenuta sicura. Nelle Tesmoforiazuse d'Aristofane troviamo parodie dell’Elena e dell’Andromeda. Di quest’ultima tragedia Aristofane dice espressamente