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ELETTRA 27

Pel responso del Nume, al suolo d’Argo
giungo, e niuno lo sa, per dar ricambio
di morte a chi m’uccise il padre. Andato
son questa notte alla sua tomba, e lagrime
versai su la sua tomba, e la primizia
d’un ricciolo gli offersi, e d’un agnello
sgozzato, il sangue su la fiamma effusi;
ed ai signori ch’hanno qui l’impero
restai nascosto. Entro le mura il piede
inoltrare non vo’: sosto ai confini,
a una duplice mèta avendo l’occhio:
potere, ove qualcun mi scorga, súbito
passare in altra terra; e far ricerca
di mia sorella, ch’ora vive, dicono,
con uno sposo, e non è piú fanciulla,
sí ch’io seco mi trovi, e dell’eccidio
partecipe la renda, e a punto sappia
quanto avvien nella reggia. Ora, poiché
il suo candido viso Aurora leva,
lunge il passo volgiam da questo tramite.
Forse qualche arator, qualche fantesca
incontreremo, a cui chieder si possa
se in questi luoghi abita mia sorella.
Ma una donna, un’ancella appunto io vedo.
Rase ha le chiome, e sopra il capo reca
una brocca per l’acqua. Interroghiamola,
stiamo: da lei forse potrem raccogliere
qualche parola che all’intento giovi
onde venimmo a questo suolo, o Pilade.
Si fanno da parte.