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Cosí, dunque, pel frammento d’Euripide il problema del modo è già risoluto con la determinazione del genere.

Esso è costruito su un doppio tetracordo enarmonico disgiunto, in cui il la è grave, il si+ sopragrave, il sib indice, il re media, il mi sopramedia disgiunta, il fa+ terza delle disgiunte. Nessun dubbio che la gamma riusciva completata da un fa, penultima delle disgiunte, e da un la, ultima delle disgiunte, che risuonava all’ottava con la fondamentale della gamma. Il sol basso (aggiunta) rimaneva fuori dalla compagine modale.

Siamo, dunque, in un la enarmonico. Il la è la fondamentale, e questo suo carattere riesce affermato dalla circostanza che sovra esso torna sovente la melodia (battute 1, 5, 7, 8, 12). e due volte in fine di parola.

C’è ancora una difficoltà, che ricordo anche perché si veda quanti sono i problemi che si affacciano nella interpretazione d’un’antica melodia greca.

Per concorde testimonianza dei musicografi antichi, in ogni melodia ben costituita ritornava frequentissima la media, che era come l’elemento connettivo dei suoni1; e le melodie superstiti dell’antica Grecia suffragano la testimonianza. Qui la media è re: ed è pressoché sfuggita.

Ma forse questa anomalia è piú apparente che reale; e si può pensare che scomparirebbe se possedessimo l’intero brano d’Euripide. Ad ogni modo, sembra sicuro che sul re cadenzasse la frase piú caratteristica del brano, ripetuta due e forse tre volte (battute 4, 6, e forse 3).

Ed ecco, dunque, come risulterebbe complessivamente il brano in segnatura moderna. Adotto la trascrizione cromatica, che consente una esecuzione e una piú pronta intelligenza da

  1. Cito, per tutti, Aristotele, Problemi musicali, XX: τῶν φθόγγων ἡ μέση ὥσπερ σύνδεσμός ἐστι, καὶ μάλιστα τῶν κώλων, διὰ πλειστάκις ἀενυπάρχειν τὸν φθόγγον αὐτῆς.