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ORESTE | 269 |
Ed enumerati il lidio, il dorio, il frigio, lo iastio, il missolidio, il sintonolidio, specifica gl’intervalli che separavano in ciascuno di essi le varie note, e «per maggior chiarezza» aggiunge i segni. Ora ecco quelli che dà per l’armonia dorica:
Φ Ϲ P Π I Z E1 Δ
E dice che differivano l’un dall’altro, via via, d’un tono, un diesis, un diesis, un dítono, un tòno, un diesis, un diesis, un ditono — superando di un tono l’ottava.
In trascrizione moderna, abbiamo (un’ottava sopra):
Ho senz’altro disposte le note nell’ordine che debbono avere per ogni competente di musica antica: cioè di un ottacordo enarmonico disgiunto basato sul la: essendo il sol la nota aggiunta, che qui non fa veramente parte d’un tetracordo (come avverrà poi nel famoso sistema ἀμετάβολον), ma rimane, come dice il suo stesso nome, aggiunta, cioè estranea al tetracordo, e, dunque, alla compagine tonale.
Ora, se confrontiamo questa gamma con quella che possiamo sicuramente costituire sulle note del frammento d’Euripide:
- ↑ Nella edizione dello Jahn invece di questa E c’è un Π rovesciato 𝈸; nel fac-simile del Codice d’Amburgo pubblicato in questa stessa opera, un Ϲ. Ma il controllo con tutta la tradizione, a cominciare dallo stesso Aristide (v. lista dei segni per 1/4 di tòno al cap. XI), dimostra che si tratta d’un errore d’amanuense.