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ELETTRA 15

meno efficace, per ogni spirito sensibile, di qualsiasi altra, realizzata per il senso della vista.

E la nostra ammirazione pel poeta cresce se consideriamo la sobrietà dei suoi mezzi. Un saluto d’Elettra alle «stelle d’oro». L’annunzio che tra poco i bovi andranno al lavoro. Poi sappiamo che il fiume è poco lontano; e la brocca sul capo della fanciulla quasi ce ne fa sentire il mormorio. Si istituisca il confronto con la prima scena dello Ione, efficacissima anch’essa, ma tanto piú ricca di particolari. E si avrà la precisa sensazione della sobrietà di questa Elettra, che non riesce punto inferiore per suggestione poetica.

E nei cori, come abbiamo già detto, non c’è piú quasi verun tratto di paesaggio. C’è la millesima rievocazione dell’impresa di Troia, e di lí si risale alla storia del vello d’oro e dello scempio d’Atreo. Nel complesso, servono, come già gli altri drammi, a disegnare come un ultimo piano quel quadro scenico. Ma è abbozzato fugacemente. Ad altro è rivolto, evidentemente, l’interesse del poeta.

Il trattamento della musica è anche qui quello che abbiamo dichiarato caratteristico della trasformazione romantica (prefazione allo Ione, etc.). Anche qui troviamo monodie, in punti nei quali sembrerebbe piú opportuna la semplice declamazione. Ma, innanzi tutto, mi sembra notevole la forma della pàrodos, che qui, come nello Ione, è convertita in monologo lirico di un personaggio.

Però, mentre nello Ione tutta questa pàrodos è affidata a Ione, e poi entra il coro, cantando una quantità di strofe in funzione lirica, in maniera da costituire come una seconda pàrodos, qui nell’Elettra, quando il monologo della fanciulla si è effuso per due coppie strofiche, entra il coro. E non entra