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Questo intese Euripide, oscuramente o coscientemente. E qui, come nella Ione, come nella Ifigenia in Aulide, pone súbito in principio gli elementi paesistici; i quali servono cosí ad integrare la scena reale, schematica e sommaria, prima che s’inizi la vicenda drammatica, preoccupando gli spiriti degli spettatori sensibili — e sappiamo che la folla, nel suo spirito collettivo possiede sempre una squisita sensibilità — e creandovi la precisa immagine dello sfondo sul quale il poeta ha visto nella sua fantasia agitarsi i personaggi del suo dramma. Sfondo che nella concezione d’un vero poeta ha sempre grande importanza.

E dopo questa pittura, qui, come nello Ione, come nella Ifigenia in Aulide, non si trovano piú altri accenni. Ma i primi bastano per tutto il dramma: tanto energica è la loro impronta. Anzi soggiungo che, siccome non c’era cambiamento di luogo, una qualsiasi nuova intromissione paesistica, mentre gli animi di tutti erano intenti e trepidi dietro lo svolgersi del dramma, sarebbe riuscita superflua, se non addirittura inopportuna e fastidiosa. Pensiamo a quanto avviene oggi, con le perfettissime scene moderne. Servono ad impressionare un primo momento, e l’impressione perdura tutto l’atto. Ma chi pensa piú ad ammirarle, durante lo svolgimento dell’azione?

Ciò premesso, osserviamo che in nessun dramma forse Euripide ha cosí felicemente risoluto il problema di questa scenografia suggerita dalla parola.

Rievochiamo in noi la prima scena; e vedremo che pochi brani di poesia rendono con tanta efficacia l’incanto delle ultime ore notturne, quando la tènebra è già corsa dal presentimento della luce imminente. Di giorno, e in una scena all'aperto, sembra impossibile crear l’illusione della notte. Eppure, qui, dalle parole del poeta vapora una magia, e si determina una scenografia che per essere di sole parole non riesce