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Si fermano: guardano di qua e di là, tutto in giro, e poi si rivolgono ancora verso Elettra.

Movimento veloce di tutte verso un lato. Pare che qualcuno si avvicini. Ma è timore infondato.

Torna la calma. Il coro che s’era tutto aggruppato, torna di nuovo a scindersi in due semicori.


semicoro a


Di qui va bene: alla tua parte bada:
ché niun dei Dànai vien per la mia strada.

semicoro b


Nessun si vede: diciamo il medesimo.

È una vera e propria perlustrazione, che fa pensare un po’ a quella delle Tesmoforiazuse di Aristofane, rappresentate tre anni prima (411).

In entrambi i casi, dunque, il coro non presenta piú il carattere tradizionale, ieratico e solenne, che lo faceva superiore e, in qualche modo, lontano all’azione. E neppure il carattere musicalmente esornativo che, decadendo la tradizione, aveva assunto in altri drammi d’Euripide. Esso è lo svolgimento danzato d’un motivo strettamente inerente all'azione, e che appunto nella danza trova il suo completo sviluppo. E cosí, mentre contribuisce alla eleganza e alla vivacità della rappresentazione, ne diviene elemento essenziale, e non sovrapposto. Qui, come in tutti gli altri luoghi di questo dramma, dove interviene per recare qualche reale sussidio, ideale o pratico, al suo sviluppo.

Questo preciso contatto col dramma è mantenuto costantemente anche nei brani in funzione prettamente lirica.