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LE TROADI 91

la parte in funzione drammatica risultava di 336 versi, quasi doppia di quella in funzione schiettamente corale (186).

Le Tròadi erano dunque un vero e proprio melodramma nel senso moderno; nel quale, però, accanto alla parte musicata si ostinava a rimanere una parte semplicemente recitata, pervasa anch’essa, ai lembi, dalla marea della musica. Questa impressione si riceve schietta specialmente dal principio del dramma, che dal verso 98 al 340 procede interamente musicato, salvo un piccolissimo brano di Taltibio.

Ma torniamo al nostro punto. Per farci un’idea un po’ concreta del complesso, non bastano né còmputi numerici, né sistematiche esposizioni. Occorre fare, in qualche modo, riviver la musica.

E questo è, in certa misura, possibile. Dalle parole, che ci son rimaste prive delle note, è ancor possibile, dove piú, dove meno, dove con sicurezza quasi assoluta, ricostruire gli schemi ritmici.1

E nel complesso d’una composizione musicale greca antica, già il semplice schema ritmico aveva grande importanza, assai maggiore che non possa averne in una moderna. Ma, a parte ciò, neppure è preclusa la via a qualche tentativo legittimo d’infondere varietà di colore a quegli schemi monocromi. Di musica greca non c’è rimasto molto; ma quel poco — se volete, quel pochissimo — basta a darci un’idea della generica aura mèlica, che, non troppo varia e assai legata alle legislazioni modali, rivestiva, probabilmente con una certa monotonia, le ricche e complesse costruzioni ritmiche.

Senza dubbio, il problema di una simile ideal costruzione è piú difficile per Euripide, che, sull’esempio dell’ammirato Timoteo, semplificava un po’ i ritmi, per accrescere la va-

  1. Di tale questione tratto piú di proposito nella prefazione generale.