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LE TROADI 89

crollano i tetti, crollano le mura ciclopiche, in un rogo gigantesco. Poi, il fumo diviene tanto denso, che prima nasconde la reggia, poi l’intera acropoli. E quando tutto è scomparso dietro una negra cortina, ecco una romba immane, e un immane sussulto, quasi un tremuoto. Troia è crollata.

E squilla terribile la tromba tirrena, il segnale, già preannunciato da Taltibio, della partenza. Spinta dai soldati, la grama turba delle schiave si allontana; e fra loro, piegata nella vecchiaia e nello spasimo, la regina. Dove fu Pergamo la ricca d’oro, dove furono la gloria e lo splendore del piú ricco impero d’Asia, non rimangono che silenzio e deserto.

Noi non possiamo dire con precisione quale fosse la realizzazione di questo quadro scenico. Ma non abbiamo nessuna ragione per credere che al tempo di Euripide la tecnica scenica non possedesse i mezzi per effettuarla, né che Euripide non facesse di tutto per adeguarla alla sua visione.

E quasi piú che alla scenografia, bisogna badare alla musica. Facciamo rapidamente sfilare le varie scene del dramma.

Súbito dopo il prologo, l’azione si apre con una monodia di Ecuba. Monodia che incomincia con una serie anapestica (99-121 ), recitata dunque, secondo ogni probabilità, in forma di parakataloghé, cioè di declamazione accompagnata dal flauto — un equivalente del recitativo del nostro melodramma.

Seguono una strofe ed un’antistrofe in metri lirici: nei quali, dunque, la voce, dagli accenti declamati, e sia pure con enfasi, della parakataloghé, saliva agli accenti scolpiti del canto ( 122-152).

Qui entra il Coro, che in una prima coppia di strofe canta alternativamente con Ecuba. Il carattere fittamente dialogato di questa prima parte farebbe credere che interloquisse solo