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ELETTRA 87

«La moglie è l’uomo, e il marito la donna».
E che vergogna, che la donna in casa
sia padrona, e non l’uomo; e che disgusto,
quando i figli in città vedo che prendono
il nome della madre, e non del padre.
Ma già, chi stringe un matrimonio troppo
al disopra di lui, troppo fastoso,
nessun parla di lui, ma della moglie.
Ma l’ignoranza tua qui fu piú illusa:
tu presumevi d’essere qualcuno
per le tue gran ricchezze; e le ricchezze
durano un tempo assai breve. Il carattere
e non già le ricchezze, è un bene stabile,
che mai non t’abbandona, e i mali supera.
Ma le ricchezze d’empio acquisto, in mano
degli stolti, per breve ora fioriscono,
e vanno in fumo. Delle donne taccio,
che non convien parlarne, ad una vergine;
ma chiari enimmi pur dirò. Sfrontato
eri, ché della reggia eri signore,
e approfittavi della tua beltà.
Oh, mai beltà lo sposo mio non abbia
di fanciulla, bensí viril costume:
son d’un tal uomo i figli a Marte uniti:
i belli sono sol fregio alle danze.
Vanne in malora: infin s’è visto che
nulla intendevi, ed hai pagato il fio.
E niun malvagio, allor ch’à superato
il primo braccio dello stadio, immagini
d’avere vinta la Giustizia, innanzi
che non abbia la mèta ancor toccata,
e non sia giunto della vita al termine.