musa
Nelle latèbre della terra oscure
esso non scenderà: tanto di Dèmetra
Dea delle spighe io pregherò la figlia,
sposa al Signore di laggiú, che l’anima
del figliuol mi conceda; ed essa ha l’obbligo
con me, che onor palesemente rendo
agli amici d’Orfeo. Ma d’ora innanzi,
per me sarà come se morto ei sia,
né luce vegga piú. Perché trovarsi
dove io mi trovi, e della madre il volto
vedere, ei non potrà. Dell’argentífera
terra nascosto negli oscuri anfratti,
uomo e Nume sarà, vivo e sepolto,
come di Bacco il sacerdote ch’abita
l’alpe di Pange, e pei veggenti è Nume.
E per la Dea del mar breve il mio cruccio
sarà: ché morir deve anche il suo figlio.
E noi, sorelle Muse, i canti funebri
intoneremo per te prima, e un giorno
per il figlio di Teti, Achille: Pallade
che uccise te, salvar non lo potrà:
tale una freccia la farètra serba
per lui d’Apollo. Oh angosce che la nascita
dei figli arreca! Oh come un uom di senno
senza prole vorrà vivere, senza
dare sepolcro ai figli a cui die’ vita!
coro
Cura la madre avrà che i riti funebri
sian compiuti per lui. Tu, se qualche ordine