Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/85


RESO 77

città rendiam piú che ad ogni altra onore,
frequentiam quella terra; ed i segreti
degli arcani misteri Orfeo svelò,
cugino di costui ch’ora tu spengi.
E il tuo concittadin santo, Museo,
che tanto si levò su tutti gli uomini,
Febo, e noi, sue sorelle, ammaestrammo.
Ed ecco il premio: fra le braccia stringo
il figlio, e sopra lui levo la nenia
funebre: ch’io non cerco altro poeta.
coro
Ettore, a torto, dunque, il tracio auriga
che tu l’avessi ucciso t’accusò.
ettore
Tutto io sapevo; e per saper che Ulisse
con l’arti sue l’aveva ucciso, d’uopo
di profeti non era. E quanto a me,
quando io vedevo la mia patria invasa
dall’esercito ellèno, ambasciatori
non dovevo mandar forse agli amici,
per chiamarli al soccorso? Io li mandai.
Con me, come ei dovea, giunse a combattere:
è morto, e assai men duole. E adesso, pronto
sono ad alzargli un tumulo, e la pompa
seco a bruciar di mille vesti: ch’egli
giunse amico, e perí di morte misera.