dei lumi che brillavano
sopra gli argivi legni;
ché durante la notte, io l’occhio vigile
tenni schiuso, né mai piegai le palpebre,
del Simèto pei rivi io te lo giuro.
O re, non sia che contro noi ti sdegni,
perché noi siamo d’ogni colpa immuni.
E se mai nel futuro
saranno inopportuni
gli atti miei, le parole, ordine dà
che vivo ancor mi calino
sotterra; né m’udrai chieder pietà.
auriga
Perché minacce ad essi volgi, e, barbaro,
tenti in inganno trarre un altro barbaro
con intreccio di frasi? Tua fu l’opera.
Né chi piagato fu, né chi fu spento
che d’altri fu crederà mai. Ben lungo
esser dovrebbe e scaltro il tuo discorso,
ond’io credessi che agli amici tu
morte inflitta non hai, pel desiderio
delle puledre. Gli alleati uccidi
per questa brama; e di venire molto
li scongiuravi. Son venuti e morti.
Onesto piú di te molto fu Paride:
esso disonorò l’ospite suo;
tu gli alleati uccidi. E non mi dire
che degli Argivi alcun giunse ad ucciderci.
Chi dei Troiani superar le schiere,
poteva, e sino a noi di furto giungere?