restassero: alleati io li credei
che per rubare intorno a noi ronzassero.
E quelli muti; ed altro piú non so.
Al giaciglio tornai, m’addormentai;
e a me nel sonno questa scena apparve:
le cavalle che io nutrii, che spingere
solea, stando sul carro a Reso presso,
pareami in sogno che le cavalcassero
due lupi a dorso nudo, e, con la coda
battendo i crini dell’equine groppe,
le cacciavano in corsa: ed annitrivano,
dalle fauci furor quelle spiravano,
nel terror le criniere alte scrollavano.
Ed io, tentando allontanar le fiere
dalle puledre, mi destai, dall’incubo
esterrefatto. E, alzando il capo, un rantolo
udii di moribondi; e un caldo rivolo
di giovin sangue mi colpí, sprizzante
dal signor mio, miseramente ucciso.
In piedi io balzo; né di lancia armata
la mano avevo; e mentre guardo, e cerco
d’afferrare una spada, un uom gagliardo
in fondo al fianco il ferro mi cacciò:
ché della spada il colpo in me sentii
scavare il solco di profonda piaga.
Prono al suol piombo; e il carro e le puledre
quelli afferrano, e a fuga il piede volgono.
Ahimè, ahimè!
Mi tortura il dolor, piú non mi reggo.
E la sciagura so, ché ben la vidi;
ma come poi fu spento, e da qual mano
fu spento, dire non saprei, ma lecito
m’è sospettar che fu mano d’amici.