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coro
Chiaro ei favella omai, non per ambage,
e degli amici miei narra la strage.
auriga
La sciagura ci colse, e la vergogna
s’aggiunge alla sciagura, e, il male è doppio.
Perché la morte glorïosa, quando
morir bisogna, per l’estinto è dura,
e come no? ma orgoglio è di chi resta,
è di sua casa onore. E invece, noi,
senza scopo morimmo, e senza gloria:
ché, poi che ci ebbe collocati in campo
Ettore, e detta la parola d’ordine,
gittati al suolo dormivamo, affranti
dalla stanchezza; né l’escubie a veglia
stavan del campo, né schierate l’armi,
in ordinanza, né serrati i gioghi
sopra il collo ai corsier’: ché vincitori
ci sapeva il signore, e sulle navi
dei nemici incombenti; e giacevamo
senza pensiero, al sonno abbandonati.
Or dal sonno sorgendo, io ché — sollecito
il cuore mi spronò — , biada ai puledri
diedi con larga man, poiché su l’alba
alla pugna aggiogarli io mi pensavo.
E tra la fitta oscurità, due uomini
ronzare vidi al nostro campo attorno.
Ma come a lor m’avvicinai, fuggirono:
ond’io gridai che lontano dal campo