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274 EURIPIDE


Se ora tentiamo di caratterizzare questo frammento dal lato artistico, dobbiamo senza dubbio tornare a quanto dicemmo sui rapporti di Euripide con Timoteo. Anch’esso, con l’insistente ritorno degli intervalli, siano cromatici, siano enarmonici, che formano quasi il cardine della melodia, offre un esempio cospicuo della irrequietudine tonale che i tradizionalisti rimproverano all’innovatore di Mileto.

Ma basta la piú mediocre sensibilità artistica per sentire il fascino di queste note, pur cosí mutile ed isolate. Sicché, senza soverchiare i limiti d’una sobria induzione, si può concludere, mi sembra, che, qualunque fosse nell’arte di Timoteo il risultato delle sue innovazioni, Euripide ne derivò certo solo quel tanto che giovasse a rendere piú intensa e penetrante la sua espressione. Almeno a giudicar da questo brano, in cui il cromatismo — o l’enarmonismo — non è fine a sé stesso: è in funzione espressiva; e, dunque, pienamente legittimo.