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le piantagioni saccheggiato avrebbero,
se qui di nuovo navigato avessero?
Chi pensi tu farne convinto? L’oro,
se tu vuoi dir la verità, la tua
sete di lucro il mio figliuolo uccisero.
Se no, spiegami questo. Come va
che, quando Troia prosperava, e un cerchio
di torri la città cingeva ancora,
quando in vita era ancor Priamo, e d’Ettore
fulminava la lancia, or come va,
se proprio ambivi di costui le grazie,
che, crescendo il mio figlio, ed ospitandolo
nella tua casa, allor non l’uccidesti,
né vivo l’adducesti al campo achivo;
ed ora, ch’è per noi spenta ogni luce
segno col fumo la città ne diede
sotto i nemici, adesso uccidi l’ospite
all’ara tua venuto? Odimi ancora,
ché ben si veda quanto sei malvagio.
Se tu davvero amico eri agli Achivi,
quelle ricchezze che non tue, l’ammetti,
ma di questo fanciullo erano, ad essi
recar dovevi ed offerirle, ch’erano
in gran penuria, e dalla patria lungi
da sí gran tempo. E invece, tu, nemmeno
ora ti basta il cuor di separartene,
ma le tieni per te, né ti ricredi.
Eppur, se avessi custodito, e in vita
serbato il figlio mio, come dovevi,
la fama tua sarebbe stata bella:
perché nella sventura i veri amici
si distinguono meglio: accatta amici
sempre, da sé, la prospera fortuna.