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ECUBA 213

polissena
Odimi, o madre. E tu, piú remissivo
con una madre sii, che a buon diritto
s’adira, o figlio di Laerte. E tu,
non contrastare coi piú forti, o misera.
Cadere al suol vuoi tu, vuoi trascinare
a forza spinta, le tue vecchie membra,
ed una turpe vista offrir, via tratta
da un braccio giovanil? Questo accadrebbe.
Oh no, degno non è! Porgimi invece
la dolcissima destra, o madre cara,
e ch’io la guancia alla tua guancia appressi:
ch’io non potrò mai piú del sole scorgere
il raggio e l’orbe, e questa è l’ultimissima
volta. E tu, madre, i miei saluti estremi
accogli, o madre: io già nell’Orco scendo.
ecuba
O figlia, ed io vivrò, schiava sarò.
polissena
Sposo e imenei dovevo aver, né li ebbi.
ecuba
Tu sei misera, o figlia, io sventurata.
polissena
Da te divisa giacerò nell’Ade.