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ECUBA 207

e ti scongiuro, e a te chiedo la grazia
ch’io t’accordai: che dalle man’ la figlia
tu non mi strappi, e morte non le diate.
Bastan le stragi omai: questa fanciulla
è la gioia per me, l’oblio dei mali,
il conforto piú grande, la città
che mi nutre, il baston che il passo regge.
Non vogliano i potenti ordini dare
che dare non conviene; e non presuma
l’avventurato che la sua fortuna
perennemente duri. Ebbi una volta
anch’io fortuna, nulla sono or piú:
valse un giorno a rapirmi ogni mio bene.
Abbi, su via, te ne scongiuro supplice,
pietà di me, misericordia: torna
all’esercito argivo, ed ammoniscilo
quanto sembri odïoso a morte porre
donne che in pria non uccideste, quando
le strappavate all’are, anzi ne aveste
compassïone. E per gli schiavi e i liberi
uguali pur sono tra voi le leggi
capitali. Ed il pregio onde tu godi
potrà persuadere, anche se male
favelli tu ché non ha già la stessa
efficacia un discorso, allor che stima
gode chi lo pronuncia, e allor che no.
coro
Esser non può sí dura indole d’uomo
che i tuoi gemiti udendo e le querele
dei lagni tuoi, frenar possa le lagrime.