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ecuba | 189 |
simile, anche anapestico, ma con mescolanza assai piú grande di metri lirici, e con divisioni strofiche, e, dunque, piú schiettamente cantato, troviamo ne Le Tròadi.
Il medesimo attacco, da dramma musicale piú che da tragedia nel senso classico, era già balenato al poeta sin nell’Ecuba. Ma anche qui, come in altri atteggiamenti, la originaria intuizione si smarrí; e il dramma riprese i suoi diritti, si mise per le vie solite. La concezione musicale si perdé, tanto che in nessun altro dramma d’Euripide la parte monòdica è cosí scarsa come nell’Ecuba, composta quasi tutta in trimetri giambici.
E quando appare, due volte, ci offre, e l’una e l’altra, motivo di sorpresa. Strano ci sembra il subitaneo trapasso dalla recitazione al canto, nel momento in cui Ecuba riconosce il cadavere di Polidoro. Ed anche piú strano ci sembra che Polimèstore accecato esca cantando. Proprio non riusciamo a figurarci, come, dopo brani recitati, poté essere intonato quel canto. Ma sono dubbî che non si potranno mai risolvere, se la fortuna non ci farà recuperare qualcuna delle partiture musicali perdute dei drammi euripidei.
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Nelle tarde scuole bizantine il libro di lettura preferito fu una scelta delle tragedie d’Euripide; e conteneva Le Fenicie, l’Oreste e l’Ecuba. Parrebbe dunque che i Bizantini preferissero l’Ecuba a Le Tròadi.
Superfluo soggiungere che la loro autorità non vale a scuotere la mia convinzione.