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10 EURIPIDE


E infine, alta nell’aria, appare la Musa, che stringe fra le braccia il corpo esanime del figlio. Tutti la vedono e la ravvisano per una Dea. Certo, nella fantasia del poeta, se pure non nella realizzazione scenica, essa era circonfusa di luce.

Perché intorno è ancora tenebra. E solo alla fine del dramma si annunzia che il sole sta per sorgere. E con finissimo sentimento il poeta evoca insieme la sua luce, che fra poco irromperà dall’orizzonte, insieme con l’acutissimo squillo della buccina tirrena, che presto anch’essa darà il segnale di piombare sui nemici. Cosí una duplice irradiazione, luminosa e sonora, chiude questo dramma, che si svolge continuamente fasciato dal buio, e che fa correre la nostra fantasia a qualche meraviglioso quadro di Rembrandt.

Ho molto insistito nel rilevare questa atmosfera notturna, che costituisce la vera caratteristica e il vero titolo di nobiltà artistica di Reso. In tutto il resto, il dramma non ha carattere spiccato, e somiglia, cosí in genere, agli altri drammi di Euripide. Questa somiglianza è indiscutibile, e di fronte all’affermazione dell’antico scoliaste, che ci sente piuttosto un’aura sofoclea, piú volte furono dai critici allineate le caratteristiche per le quali sembrerebbe invece euripideo. Si rilevano alla semplice lettura.

E tra queste caratteristiche è certo da annoverare una certa comicità che circonda le figure di Reso e di Ettore. Ma davvero non saprei associarmi ai critici che li giudicano due perfetti prototipi di capitano spacconi: tanto da considerare il Reso piú come una commedia che come un dramma tragico.

Grandi, senza dubbio, sono le vanterie di Reso; ma poi sappiamo da Atena che, se egli non sarà ucciso a tradimento,