che tanti e tanti puerili canti
pronunciavi, or sei spento! E tu mentivi
quando, saltando sul mio letto: «O madre —
dicevi un lungo ricciolo per te
reciderò delle mie chiome, e schiere
guiderò di compagni al tuo sepolcro,
dolci saluti a te rivolgerò».
Ed or, non a me tu, ma io, vegliarda
senza patria né figli, a te fanciullo
darò sepolcro, al tuo misero corpo.
Ahi son finiti i tanti baci, e i giorni
ch’io ti nutrivo, i tuoi sonni vegliavo.
Un poeta che mai scriver potrebbe
sulla tua tomba? «Uccisero gli Argivi
questo fanciullo, per temerlo». O epigrafe
vituperosa per gli Ellèni! Or tu
non fosti erede dei paterni beni,
ma pure avesti il suo scudo di bronzo,
dove sepolcro avrai. — Scudo, che il braccio
d’Ettore bello un dí schermivi, hai perso
l’ottimo tuo custode. Oh, come dolce
l’impronta del suo braccio è nell’anello,
e nel tornito orbe il sudor, che spesso
Ettore stanco, al viso avvicinandolo,
dalla fronte stillava. Ora da quanto
abbiam, prendete ciò che servir possa
a ornare il morto. Non consente il Dèmone
pompe d’esequie: avrai quanto posseggo.
{{Vc|Alcune donne entrano nella tenda.}
Oh, dissennato l’uom che salda reputa
la buona sorte, e se n’allegra. Simili
ha fortuna i costumi all’uom volubile,