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LE TROADI 165

Brama perciò di rimaner non ebbe,
e partí senza indugio, e seco Andromaca,
che a versar mi costrinse amare lagrime,
quando la terra abbandonò, la sua
patria, gemendo, salutando il tumulo
d’Ettore, e al nuovo suo signore chiese
di dar sepolcro a questa salma, al figlio
d’Ettore tuo, che giú piombò dai muri,
e l’anima spirò: chiese che questo
scudo di bronzo, che portar soleva,
schermo al suo fianco, il padre suo, di Pèleo
non lo recasse al focolare, né
al suo talamo, dove essa, la madre
del pargoletto, Andromaca, andrà sposa,
a contristar gli occhi di lei; ma in quello
si seppellisca il pargolo, e non già
in recinto di pietra, e non in tavole
di cedro: chiese che alle mani tue
s’affidasse il cadavere, perché
tu di bende l’ornassi e di corone,
quanto la forza te ne basta, quanto
il tuo stato consente, or ch’è partita
la madre sua: ché del signor la fretta
le proibí di dar sepolcro al figlio.
Quando la salma ornata avrai, di terra
la copriremo noi; poi salperemo.
L’opera tua tu dunque affretta. lo t’ho
risparmïata una fatica. Quando
traversai lo Scamandro, ho nei suoi gorghi
lavato il corpo e terse le ferite.
Ora la terra a fender vo’, la fossa
scavo, sicché l’opera mia, la tua,
congiunte a un tempo, la partenza affrettino.