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ELETTRA 13

maggiore illusione di vita, e, se volete, incatenano di piú la nostra curiosa attenzione; ma son prive della virtú idealizzatrice che coglie la quintessenza delle cose, e lascia cadere le contingenze, anche graziose, anche meravigliose, compiendo opera semplificatrice, ma insieme purificatrice e conservatrice. La virtú per la quale vissero nei secoli le figure di Fidia.

Dalle varie combinazioni e contaminazioni di questo duplice ordine di figure riesce determinato, per buona parte, il carattere dei varii drammi d’Euripide.

Né diremo che la prevalenza dei tipi medii segni un decadimento. Ma certo è uno dei principali fattori di trasformazione: è una delle crepe dalla quale piú largamente effluisce e si perde, senza piú recuperamento, il puro lirismo tragico, dal quale ebbe vita, nei suoi tempi gloriosi, il sacro dramma di Diòniso.

Tra i principali fattori del romanticismo d’Euripide abbiamo annoverato (prefazione allo Ione) il paesaggio. Rievochiamo alla nostra fantasia il quadro complessivo della Elettra, e avremo l’impressione che qui abbondi piú che in qualsiasi altro dramma d’Euripide.

Anche in altri drammi, non solo d’Euripide, ma anche dei suoi predecessori si trovano lunghe pitture di paese (incomparabile quella del bosco di Colono). Ma tutte, tranne lievissimi accenni, affidate a cantici del coro. E allora, sia perché, confinate in tale ufficio lirico, rimangono come isolate ed incapsulate, sia, in primissimo luogo, perché giungono quando il dramma è già in pieno avviamento, e gli animi sono protesi all’interesse dell’azione, non hanno la virtú, che ad ogni modo non potrebbe essere retroattiva, di creare intorno alle vicende un’atmosfera paesistica, una scena.