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ORESTE 139

come puledro libero dal giogo.
Ed Argo, dove siamo, ha decretato
che niuno in casa sua, che niuno all’are
noi matricidi accolga, o ci favelli.
E il giorno è questo designato, in cui
Argo dovrà deliberar se spenti
cader dovremo sotto i sassi, o infiggerci
di nostra mano l’affilata spada
dentro la gola. Un’unica speranza
di non morir ci resta: è giunto in questa
terra, da Troia, Menelao: nel porto
di Nauplia venne la sua flotta, approdo
fece a quei lidi, dopo un lungo errare
per i flutti del mare. E mandò Elena
calamitosa, in casa nostra, l’ore
della notte cogliendo, affinché i figli
di quei che cadder sotto Ilio, vedendola
per via di giorno, non la lapidassero.
Ed in casa ora ella è, che la sorella
e la sciagura della stirpe lagrima.
Eppur, qualche sollievo ha dei suoi mali,
ché la fanciulla che lasciò, quand’ella
a Troia s’involò, che Menelao
da Sparta ad Argo addusse, e l’affidò,
per educarla, alla mia madre, Ermíone,
l’ha qui trovata, e se ne allegra, e i mali
pone in oblio. Verso ogni strada or guardo,
cerco se giunge Menelao: che deboli
le nostre forze son troppo, qualora
ei non ci salvi. Manca ad una casa
colpita da sciagura, ogni sostegno.