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duro letto, prostrata sul dorso.
O mio capo, o mie tempie, o miei fianchi,
quale brama avrei pur di girarmi
d’intorno al mio dorso, d’intorno alle vertebre
verso entrambe le costole, ai gemiti
e al pianto infrenabili.
Rimane la Musa ai tapini,
nei cordogli che vietan le vittime.
Si leva. La sua lamentela assume le modulazioni del canto.
Strofe
Prue delle rapide navi,
che verso Ilio sacra ii remeggio
traverso il purpureo pelago
e i comodi porti dell’Ellade
volgendo, con voci soavi
di sampogne, e peani di flauti
odïosi, apprendeste d’egizio
magisterio le compagini,
ahimè, nella rada di Troia,
per riprender la moglie esecrabile
di Menelao, la macchia
di Castore, l’infamia
dell’Eurota, che a Priamo, germine
di cinquanta figliuoli die’ morte,
e me, questa Ecuba misera,
sospinse a misera morte.

Antistrofe.
Ahi, dove giaccio! Alla tenda
d’Agamènnone presso, e, da vecchia
schiava son tratta lungi alla patria.