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78 EURIPIDE


L’Ifigenia appartiene dunque all’ultimissimo periodo dell'attività d’Euripide. È, in qualche modo, sorella de Le Baccanti.

Però, mentre Le Baccanti rievocano in qualche modo, e nello spirito e nella forma, la primitiva tragedia eschilea, l’Ifigenia afferma invece e compendia, in contrapposizione quasi simbolica con l'arte di Eschilo, i nuovi risultati della continua avventurosa ricerca d'Euripide nel campo del dramma.

E per questa Ifigenia possiamo istituire un confronto non solo generico, bensí specifico. Perché è bensí vero che della Ifigenia di Eschilo non rimangono piú altro che frammenti insignificanti; ma nel primo canto innanzi all’ara dell’Agamennone ne possediamo una lunga eco, che ne è quasi un riassunto (dall'antistrofe III al principio dell’antistrofe VI). — Calcante annunzia ad Agamennone e a Menelao la volontà d’Artemide. All'orrida notizia, i due fratelli, percossi da un uguale dolore, battono il suolo con lo scettro, né riescono a frenare il pianto. Però, svanito presto un primo momento d’esitazione, Agamennone si risolve ad immolare la figlia. Questa prega, supplica, piange, inutilmente. Lancia allora imprecazioni; e per impedirglielo la imbavagliano. Cosí è sgozzata sull’altare, come una capra. E il racconto si conclude, come, secondo ogni probabilità, si sarà conclusa, coralmente, la tragedia, con un misterioso mormorato presagio:

Gli effetti ignoro e taccio;
ma di Calcante mai
l'arti non furono írrite.

Dunque, una fedele esposizione del mito, essenzialmente lineare. E tutti i momenti dell’azione, semplici, nitidi, schietti,