Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/281

278 EURIPIDE

di rivederti, o mio fratello; e adesso
voglio ciò che tu vuoi: dai tuoi tormenti
libero farti, e senza cruccio alcuno
contro chi m’immolò, far che risurga
l’avita casa. Pura serberò
dal tuo scempio la mano, e salverò
i patrî lari. Ma non vedo come
alla Diva sfuggir possa, ed al re,
allor che privo della statua scorga
lo zoccolo di pietra. E chi da morte
potrà salvarmi? E che pretesti avrò?
Bella gesta sarà, certo, se insieme
portare a bordo della nave bella
il simulacro e me potrai; ma se
entrambi tu non puoi, sono perduta.
Vero è che tu potrai salvarti, e in patria
tornare; ed io, se pur m’attende morte,
non mi ritraggo dal salvarti. Tanto,
per la vita dell’uomo ha in casa origine
solo il rimpianto: e val poco una femmina.

oreste

Oltre la madre uccider te? Non voglio:
basta il sangue di quella: io vo’ con animo
al tuo concorde, o vivere o morire.
Meco ti condurrò, se posso in patria
tornare, o teco qui rimango, e muoio.
E ascolta un mio pensier: se mal gradito
questo fosse alla Dea, poteva Apolline
dai tripodi esortar che la sua statua