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IFIGENIA IN TAURIDE 277

quante in giudizio avean seduto, furono
convinte, e un tempio al tribunale accanto
gradirono; ma quante alla sentenza
non furon paghe, ad inseguirmi presero
con incessanti corse, insin ch’io giunsi
di Febo al sacro piano; e innanzi stesomi
ai penetrali, ivi giurai che senza
prender cibo morrei, se il Nume ambiguo
che perduto m’avea, non mi salvasse.
La voce emise allor dall’aureo tripode
Febo, e qui m’inviò, perché la statua
dal ciel caduta io di qui trafugassi
in terra atenïese. Alla salvezza
che mi promise il Nume, or tu concorri;
ché, quando avremo della Dea l’immagine,
avranno fine i miei delirî, e te
ricondurrò, con impeto di remi
fitto, a Micene. O mia diletta, o mia
sorella, salva la casa fraterna
e salva me: ch’io son perduto, e meco
i Pelòpidi tutti, ove la statua
dal ciel caduta in nostra man non sia.

coro

Estüa la tremenda ira dei Numi,
tormenti infligge al sangue dei Pelòpidi.

ifigenia

Prima che tu giungessi qui, la brama
viva era in me di ritornare ad Argo,