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e affrontato il periglio, in dono offrirla
alla gente d’Atene. Ed oltre piú
non men dicesti. E che, ciò fatto, tregua
trovata avrei dei miei travagli. Or giungo
per seguire i tuoi detti, a questa terra
ignota, inospitale. — Ora a te chiedo,
Pilade, a te che meco sei partecipe
di quest’impresa, che faremo? Eccelso,
vedi, è il recinto delle mura. Forse
della casa tentar dobbiam gli accessi?
Come quello saper che non sappiamo
potremo mai, se i chiavistelli bronzei
non romperemo con le leve? Ma
se mentre noi forziam la porta, e l’adito
cerchiam, siamo sorpresi, a morte andremo.
E prima di morir, meglio è fuggire
alla nave su cui qui navigammo.

pilade

Non si deve fuggir, nostro costume
questo non è, né biasimar l’oracolo
d’Apollo. Ora dal tempio allontaniamoci,
ed un antro cerchiamo ove nasconderci,
flagellato dal negro umor del ponto,
dalla nave lontan, sí che, se pure
vegga taluno il legno, e al re lo dica,
non ci prendano a forza. E quando l’occhio
poi sopraggiunga della tetra notte,
ardir bisogna, e togliere dal tempio,
ogni tranello usando, il simulacro
di sculto legno. Ora tu vedi se