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IFIGENIA IN TAURIDE 213


segreti della loro composizione. E discaccia il Dèmone dionisiaco, che, viceversa, quando piglia lui la mano, ispira opere che sfuggono ad ogni analisi, ed urtano le anime timide con gli eccessi, e coi difetti, inevitabili quando il razionalismo è assente; ma che ad ogni modo, turbano profondamente tutti i cuori, questi sgomentandoli ed irritandoli, quelli entusiasmandoli.

E nessun dubbio che quella temperanza e quella misura, per lungo tempo, sino al furioso assalto del romanticismo, furono il segnacolo in vessillo della letteratura francese, e le ispirarono molte opere insigni, e, fra altre, quel teatro tragico di cui tanto vanno alteri i francesi. Ma è altrettanto vero che, sinché mondo sarà mondo, molti spiriti rifuggiranno da quei capolavori impeccabili e soporiferi, e adoreranno le opere direttamente ispirate dal Dèmone, le quali, squassando senza possibile difesa l’animo nostro, non ci consentono di «rimanere al di sopra dell’emozione che proviamo». Tali sono molti e molti drammi d’Euripide: l’Alcesti, per esempio, la Medea, l’Ippolito, Le Baccanti, l’Ifigenia in Aulide. Tale non mi pare che sia questa Ifigenia in Tauride, nella quale sembra veramente che Euripide abbia messo un freno alle sue grandissime facoltà passionali, per le quali Aristotele l’ebbe a salutare tragicissimo fra i poeti.