vicino all’acque limpide, dove
le fonti corrono, sacre alle Ninfe,
e il prato è florido di fiori pallidi,
e rose crescono, giacinti crescono
per intrecciare serti alle Dive!
Un giorno Pàllade qui giunse, e Cípride
macchinatrice d’inganni, ed Era,
e, messaggero di Giove, Ermète.
E superbiva per le lusinghe
d’amore, Cípride,
per la sua cuspide Pàllade, ed Era
perché partecipa
di Giove il talamo,
A un odïoso giudizio vennero
ad una gara di lor bellezza,
alla mia morte,
che per i Danai fu, per la gesta
d’Ilïo detta propiziatrice.
E quei che vita mi diede, o misera,
o madre, o madre,
or mi tradisce, e fugge.
Ahimè misera, ahimè!
Quanto fu amara, quanto fu amara
la sorte d’Elena per me! Son morta,
sono distrutta, per l’empia strage
d’un empio padre.
Deh, a questi ormeggi mai non avesse
Aulide accolte
le poppe delle navi dai bronzëi rostri, la flotta
che ad Ilio addurre doveva gli Elleni!
Gli avversi venti spinti nell’Èuripo
mai non avesse Giove, che mitiga