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Per intendere e valutare debitamente le Supplici, e, innanzi tutto, per formarsi un’idea adeguata dell’impressione che doverono suscitare sugli spettatori ateniesi, bisogna aver presente il momento in cui furono rappresentate.

Correva l’ottavo anno della guerra del Peloponneso, e gli Ateniesi, favoriti sino ad ora dalla fortuna, credettero giunta l’ora d’attaccar nuovamente i loro nemici della Grecia centrale. I piú pericolosi, in questo momento, erano i Beoti; e, contro i Beoti, nell’autunno del 424, Ippòcrate e Demostene sferrarono un attacco in grande stile. Ippòcrate, movendo da Oròpo, invase il territorio nemico di Tanagra, e qui, sulla costa del mare, di fronte ad Eretria dell’Eubea, occupò Delio, dove sorgeva un santuario d’Apollo, abbandonato da gran tempo. Ma, contro ogni previsione, gli Ateniesi furono sconfitti, lasciando sul campo lo stesso Ippòcrate, e un migliaio di soldati.

Mandarono allora un araldo, a richiedere i cadaveri dei loro caduti, per seppellirli. Ma i Beoti, sfoggiando ad un tratto una scrupolosissima religiosità, opposero che gli Ateniesi avevano per primi violati i diritti dei Numi, occupando, a fine di guerra, un santuario; e dichiararono che se prima non lo sgombrassero, non avrebbero restituite le salme. Cavilli: per-