Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/50


LE SUPPLICI 47

adrasto
O scellerato!
teseo
 Taci, Adrasto, frena
la lingua, e non voler parlare prima
di me: ché a me spedito, e non a te
fu questo araldo; e a me spetta rispondere.
E cònfuto per primo il primo punto.
Non mi risulta che Creonte sia
il mio padrone, né che tanto sia
di me piú forte, da poter costringere
Atene al suo voler. Se ci lasciassimo
imporre, i fiumi risalir dovrebbero
alle sorgenti loro. Io, questa gara
provocata non ho, ché non irruppi
nella terra cadmèa, con questi supplici.
Senza far danni a Tebe, e senza pugne
micidiali addurre, io dar sepolcro
bramo alle salme degli eroi, difendere
una legge comune a tutti gli Èlleni.
Che di men giusto in ciò? Se dagli Argivi
riceveste sopruso, ora son morti,
ché gl’inimici voi sconfitti avete,
con vostra gloria e con vergogna loro,
e trionfa giustizia. Or, consentite
che le lor salme sian rese alla terra,
che torni là donde alla luce venne
ogni elemento: all’ètere lo spirito,
e le membra alla terra: esse, perché
fosser l’albergo della nostra vita,
ci furono concesse; e poi le deve
chi le nutrí, recuperare. Quando