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LE SUPPLICI 45

araldo
Sia; parlerò. Quanto alla nostra disputa,
tu sei di ciò convinto, io del contrario.
Adesso io t’inibisco, e tutto il popolo
meco è di Cadmo, che s’accolga Adrasto
in questa terra; e s’egli pur v’è giunto,
pria che del Sol tramonti il raggio, sciogliere
devi l’incanto delle sacre bende,
e scacciarlo di qui, né con la forza
le salme devi riscattar: legame
non c’è che d’Argo alla città ti stringa.
Ché, se tu retta mi darai, la nave
della città potrai senza tempesta
governare; se no, grandi marosi
piomban di guerra già, su noi, su te,
sugli alleati tuoi. Bada che, irato
per le parole mie, tu che una libera
città governi, nel valor fidando
del braccio tuo, gonfiar troppo non debba
la tua risposta. È confidenza pessimo
mal, che l’ire accendendo al punto estremo,
molte città sospinse a guerra. E quando
nell’assemblea del popolo si mette
la guerra ai voti, nessun v’è che in conto
ponga la propria morte; e la sciagura
storna su gli altri ognor. Se invece, quando
vota la guerra, ognuno innanzi agli occhi
la guerra avesse, l’Ellade in rovina
mai non andrebbe per manía di guerre.
Eppure, ogni uomo il bene e il mal distingue,
e bene giudicar fra guerra e pace
sa, quanto questa sia miglior di quella.