il popolo è sovrano, ivi si gode
d’aver nella città pronta una florida
gioventú; ma nemica invece un principe
assoluto la stima, e i piú gagliardi
uccide, e quanti ch’abbian senno reputa,
ché pel suo regno teme. E come, allora,
può divenir gagliarda una città,
se v’ha chi tronca, quasi a Primavera
spighe dal prato, ogni baldanza, e il fiore
dei giovani discerpa? Ed a che giova
agi e ricchezze procurare ai figli,
perché piú cresca del tiranno il lusso?
A che fanciulle costumate in casa
crescere, se sollazzo esser dovranno,
quand’ei lo voglia, del signore, a che
lagrime seminare? Oh, ch’io non viva,
se alcun mai debba vïolar mia figlia!
Con questi colpi i colpi tuoi rintuzzo.
Ma quale scopo a questo suol t’adduce?
Col tuo malanno qui giunto saresti,
se tu non fossi araldo: ché tu chiacchieri
piú del bisogno; e un messaggero, esporre
dovrebbe quanto gli fu imposto, e andarsene
alla piú spiccia. E d’ora in poi, Creonte
men loquaci di te ci mandi i nunzi.
coro
Ahimè, ahimè! Se la fortuna un dèmone
accorda ai tristi, come se dovessero
sempre aver buona sorte, insolentiscono.