prima, e ferina, la ragion pria dandoci,
poi la parola, dei concetti aralda,
e le voci distinte; e della spiga
il nutrimento; e con la spiga, l’acqua
che dal cielo stillando irrora i visceri
e i frutti nutre della terra; e poi
i ripari del verno, e come l’alido
schermir del cielo, e i legni, onde le terre
di quello onde han penuria fanno permuta.
E quello onde i mortali alcun indizio
non hanno, o chiara conoscenza, i vati,
guardando il fuoco, o i seni delle visceri,
o degli uccelli il vol, sanno predirlo.
Ora, quando tanti agi al viver nostro
dispose un Dio, non siamo insazïabili,
se cerchiamo di piú? Ma piú del Nume
poter vorrebbe l’intelletto umano,
e, in cuore accolta l’arroganza, saggi
piú degli Dei presumïamo d’essere.
E tu stesso appartieni a questa turba:
credesti ai Numi allor che, dall’oracolo
irretito di Febo, a genti estranee
desti le figlie, e una progenie pura
ad una torba mescolando, apristi
nella tua casa una ferita — il saggio
non deve unir con gl’innocenti i rei,
ma con le case benedette stringere
i parentadi: poiché il Nume vuole
che accomunate sian le sorti, e strugge
con le pene che al reo spettano, quanti
vivon col reo, sebben di colpa immuni — :
poi, quando a guerra tutta Argo adducesti,
ebbero i vati un bel cantare oracoli: