i miei voti compiendo, o, errando profugo,
lungi da questo suol, su terra estranea
terminare dovrà grama la vita.
corifea
Vedi, opportuno ei stesso giunge, Ippòlito.
Dall’ira trista, o re, desisti, e assumi
consiglio tal che alla tua casa giovi.
ippolito
T’udii gridare, e accorsi in fretta, o padre.
Ignoro il caso onde tu gemi, e apprenderlo
da te stesso vorrei. Ma che è ciò?
Della tua sposa il corpo estinto vedo,
o padre mio? Gran meraviglia è questa.
Or ora la lasciai, non da gran tempo,
che questa luce contemplava. Or come
morí? Padre, da te saper lo bramo.
Taci? Nei mali, a che giova il silenzio?
Di curïosità, pure nei lutti
l’anima pecca, e udir tutto desidera.
Giusto non è che i tuoi malanni, o padre,
a chi t’è amico, e piú che amico, celi.
teseo
Deh, quanto, invano, uomini, errate! A che
esser di mille e mille arti maestri,
a che mai tante indagini e scoperte,
se non sapete e non cercate il modo
che senno acquisti chi di senno è privo?