del tuo consorte. Ora, i tuoi sensi ai miei
accomuna, partecipa lo spasimo
che invade me, che il figlio mio perdei.
Il tuo figlio convinci, ch’egli venga alle rive
dell’Ismèno, e le salme a noi dei validi
eroi consegni, ch’ora sono di tomba prive.
Antistrofe II
Squallida è la mia veste: il lutto, supplice
qui mi spinse a prostrarmi, ove le vittime
consuma il fuoco, delle Dee su l’ara.
È con me la Giustizia: è in te, tal figlio
è il tuo, la possa: al danno mio ripara.
La prece a te rivolgo, io, prostrata nel duolo:
fa’ ch’io dal tuo figliuolo abbia il cadavere,
ch’io stringa al sen le misere membra del mio figliuolo.
Strofe III
D’ululi segue un’alta gara, d’ululi:
delle man’ delle ancelle odi lo schianto.
Or dunque, su, compagne del mio pianto,
compagne del mio cruccio,
le danze dell’Averno ora s’intreccino:
faccia alla guancia oltraggio
la bianca unghia, la laceri, l’insanguini:
dei vivi a chi sparí questo è l’omaggio.
Antistrofe III
Fuori mi trae da me l’insazïabile
brama di pianto; da un’eccelsa roccia
cosí geme perenne umida goccia.
Mai non desiste l’ululo: