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IPPOLITO 209


ippolito

Questa corona da un intatto prato,
o Signora, ti reco, e l’intrecciai
dove pastor la greggia mai non guida,
né vi calò ferro di falce, e l’ape
vola fra l’erbe intatte a primavera.
E l’irrora con pure acque sorgive
Verecondia, perché spiccarne fiori
possan quanti in ogni atto insita in cuore
hanno saggezza, e non appresa; e ai tristi
non è concesso. Or tu, diletta Diva,
accogli dalla man pia questo serto
per l’aurea chioma: ché a me sol concesso
è fra i mortali un dono tal, ch’io possa
teco recarmi, e ricambiar parole,
vedendoti non già, ma pure udendo
la voce tua. Deh, come fu l’inizio,
compiere io possa di mia vita il corso.

servo

O re — padroni i soli Dei chiamare
conviene — udir vorresti un buon consiglio?

ippolito

Certo: se no, qual senno io mostrerei?

servo

Sai tu che legge agli uomini sovrasta?