ercole
Spregiate andâr le mie lotte coi Minî?
megara
Non ha, te lo ripeto, amici, il misero.
ercole
Presto, gittate via quei serti lugubri,
fissatevi alla luce, e sia ricambio
soave, invece delle inferne tènebre.
Ed io, frattanto, poi che spetta a me
adesso oprare, vado prima, e abbatto
del nuovo re la casa, e l’empio capo
gli recido, e lo gitto ai cani in pasto.
E quanti dei Cadmèi che un giorno furono
da me beneficati, or troverò
malvagi, scempio ne farò con questa
vittoriosa clava, o con la furia
dei dardi alati, ed empirò l’Ismèno
di sterminio e di sangue, e la corrente
bianca di Dirce, diverrà purpurea.
E a chi prestar dovrei soccorso, prima
che alla mia sposa, ai figli, al vecchio padre?
Le antiche gesta mie ripudio: è vano
compiuto averle, s’io questa non compio.
Devo affrontar pei figli miei la morte,
com’essi ora pel padre l’affrontavano.
Gloria la mia sarà, se, per comando
d’Euristèo, col leone a lotta venni,