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ne fe’, vibrando delle frecce l’ale.
Lo sa Penèo, d’intorno alle acque pure
sue, lo san campi e sterili pianure,
e del Pelio le gole,
e le vallèe finitime d’Omòle,
donde le alpestri fiere il pian dei Tèssali
tutto invadeano di galoppi equini,
le mani armando coi divelti pini.
E la cerva dal vario
vello, terror d’agricoli
uccise: a Enèo ne giubila
or la Dea cacciatrice.

Strofe II

E quindi, asceso il cocchio,
di Dïomede pose la briglia a le cavalle,
che, di redini ignare, di sanguigne vivande
sazïavan le fauci ne l’omicide stalle,
imbandendo d’umane carni mense nefande.
Poi, dell’Ebro alle vene,
che tra l’eccelse ripe ora fluiscono,
mosse, in servizio al sire di Micene.
E su la spiaggia Pelia,
presso ai fonti d’Anàuro,
Cigno, sterminatore
d’uomini, uccise con le frecce, il barbaro
d’Anfèna abitatore.

Antistrofe II

Alle canore vergini,
quindi, agli orti che d’Espero crescon sui lidi, mosse,
per cogliere dai rami floridi l’aureo pomo.