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68 | EURIPIDE |
A ciò pensando, vidi bene ch’ero
mal consigliata, e m’adiravo a torto.
Dunque, or t’approvo, e mi sembra che tu
sia l’assennato, quando a noi procuri
simile parentado, ed io la stolta,
che di tali disegni esser partecipe
avrei dovuto, e favorirli, e assistere
alle tue nozze, ed alla sposa tua
le mie cure prestare, e andarne lieta.
Ma siamo ciò che siam: non dico danno,
dico donne; e per te non conveniva
che ti rendessi pari a sciocche simili,
contrapponendo stoltezza a stoltezza.
Ma ora cedo, e riconosco ch’io
prima sbagliavo, ed a miglior partito
m’appiglio adesso. O figli, o figli, qui,
la casa abbandonate, uscite fuori,
il padre vostro salutate, ch’egli
è qui con voi, volgetegli parole,
e desistete, come fa la madre,
dall’odïar gli amici, or che fra noi
fatta è la pace, e in oblio posta l’ira.
Dalla casa escono i figli.
La destra a lui stringete. — Ahi, le sciagure
nascoste, come nella mente ho impresse! —
O figli miei, sempre cosí le braccia
tenderete, se pur vivrete a lungo?
Misera me, come son pronta al pianto,
e piena di terror! Ma poiché, dopo
tanto, troncai la lite mia col padre,
il molle viso mio pieno è di lagrime.